Survival ed alimenti
Survival ed alimenti. Come vincere la fame.
Survival. Survivalista. Prepper. Prepared-man .. molti modi per esprimere un pensiero comune, e molte modalità per incarnare una mentalità che cerca affannosamente di liberarsi da un mondo che ci ha confinato in uno spirito “assistenziale” che sta prendendo il sopravvento.
Il vero pericolo del nuovo Stato Sociale è l’aver fatto dimenticare a noi umani le nostre straordinarie capacità di adattamento; l’aver trasformato l’inventiva e gli istinti di millenni in ansie spesso ingiustificate. Io personalmente intendo il Survival o l’avventura come una profonda ricerca di qualcosa che so esistere nelle mie fibre e nella mia mente, ovvero la capacità di adattarmi e sopravvivere. I pericolo maggiori di una società basata sul “c’è tutto” sono la falsa dipendenza che questa eccessiva offerta incarna e la falsa convinzione che senza non potremmo sopravvivere. A cominciare dal cibo. Quasi tutti sappiamo che in una situazione di emergenza i pericoli maggiori vengono dall’ipotermia e della mancanza di acqua, ma la prima cosa alla quale pensiamo è proprio il cibo. Così in rete fioriscono migliaia di pagine e video sul modo migliore di conservarlo, di stoccarlo, di affumicarlo e di trovarlo in disastrati supermercati ed improbabili rifugi, ma in realtà il cibo è ovunque. E può essere reperito, cucinato e spesso prodotto molto più semplicemente di quanto immaginiamo. Un ipotetico scenario catastrofico, nel nostro emisfero, passa più probabilmente attraverso eventi sociali, atmosferici e di crisi elettrica, con conseguenze immediate e di forte impatto sulla rete di trasporti, sulle aperture dei negozi ed il loro rifornimento, o sugli scontri di piazza che ne scaturirebbero per aggiudicarsi le ultime risorse disponibili. Anche nel caso della lotta ad accaparrarsi l’ultima confezione di latte probiotico con vitamina EE il nostro vicino adorabile potrebbe diventare il nostro peggior nemico. Per poi scoprire che non ne abbiamo alcun bisogno.
La prima soluzione è ovviamente l’evitare, perlomeno per i primi tempi, di dover essere obbligati ad subire determinate situazioni e quindi, come direbbero oltreoceano, acquisire una mentalità da “Be Prepared”.
In quest’ottica tempo fa ho cominciato ad interessarmi alle caratteristiche dei prodotti a lunga conservazione ed all’utilizzo di ciò che è reperibile in natura e del quale abbiamo dimenticato l’apporto nutritivo ed anche il sapore. Considerando che tali nozioni valgono anche nel malaugurato caso che semplicemente ci si perda in un bosco o si rimanga isolati a lungo per eventi atmosferici, abbiamo pensato di dedicare alcuni articoli ad una sorta di alimentazione alternativa ed scoprire cosa possa stoccare in cantina con la sicurezza che duri davvero.
Le normative attuali consentono di apporre la data di scadenza dei cibi conservati sino a 24 mesi, con differenze a seconda del tipo di alimenti; senza nessuna pretesa di scientificità possiamo dire che tuti i prodotti inscatolati sono sicuramente commestibili anche oltre tale scadenza, che in molti casi è 12, sempre che siano stati conservati in modo normale, senza particolari esposizioni a fonti di calore, ad esempio. Tuttavia molto dipende anche dalla qualità e dalla serietà del produttore. In modo empirico si può dire che uno dei nemici maggiori sono i batteri, che normalmente determinano la fermentazione, e l’accurato smontaggio e pulizia delle macchine alla fine di ogni ciclo di produzione è uno dei fattori che ne determina la maggior durata. Ho personalmente visitato fabbriche artigianali ed assaggiato cibi in vasetto e scatola, come frittate e creme di formaggio, prodotti 5, 6 e 7 anni prima ed erano ottimi, anche all’esame effettuato dal biologo. Quindi, come primo punto, troviamo un produttore serio! Questi cibi, anche semplicemente acquistati per tenerli in serbo nella casa in campagna o al mare, ci daranno la sicurezza di averli commestibili in caso di SHTF o semplicemente per una cena improvvisata in baita. Discorso analogo si può fare per quelli liofilizzati, che si conservano davvero a lungo, e sono generalmente di buon sapore, a costo di dosi massicce di glutammato ed aromi naturali. Ottimi per l’emergenza ma non adatti un un consumo intensivo, pena la resa incondizionata dei nostri poveri stomaci.
Ottimi alimenti liofilizzati sono quelli prodotti per bambini, come latte e pappe, che rispettano standard produttivi molto elevati. Altrettanto longevo il miele ed i suoi derivati, che può durare decenni se ben conservato ed ottimo sostitutivo dello zucchero, così come il riso ed alcune paste e farine. E da non dimenticare sale e le spezie, che ci aiuteranno a rendere piacevole il consumo del cibo non “fresco”, oltretutto con durata pressochè illimitata.
Ecco, questo è il secondo punto fondamentale; il fresco. Sia come invecchiamento del cibo che possediamo che nel senso di cibo che sia stato generato in natura, come la carne e gli ortaggi e legumi, che garantiscono apporti fondamentali per il nostro corpo. In questo primo articolo introduttivo non voglio addentrarmi alle varie tecniche e filosofie di caccia e coltivazione, sia perchè ampiamente trattato, sia perché nella pratica normale ciò prevede licenze ad abilitazioni anche solo per calare un amo in un torrente, ma dovremo cominciare a pensare come poter produrre in breve tempo, in caso di crisi, del cibo fresco. Oltretutto con caratteristica di ripetitività e di possibilità limitate di furto da parte di estranei, proprio per la poca quantità costantemente disponibile. Oggi sul mercato sono offerte molte varianti di piante commestibili, e di fiori commestibili, in specie dette “nane” ovvero adatte alla loro coltivazione in spazi esigui, come un balcone o un giardinetto, che in realtà danno gli stessi prodotti delle sorelle più grandi. Potrebbe essere divertente e proficuo sperimentarsi e consumare cibo autoprodotto, seppur in modesta quantità, proprio in quell’ottica di recupero di capacità antiche e riscoperta delle nostre potenzialità sopite. Stesso discorso vale per il piccolo allevamento, a costo, in caso di estrema emergenza, di dover guardare con occhi diversi le nostre adorate oche o i nostri coniglietti, ma solo in caso di emergenza! Un terzo punto fondamentale, e che tratteremo altrove più nei dettagli, è l’imparare a nutrirsi di ciò che gli altri trascurano. Ed a farlo in modo gustoso e soddisfacente. Nel valido articolo del primo numero dedicato alle piantine selvagge, abbiamo scoperto come riconoscere molte delle erbe comuni ormai trascurate, che possono essere proficuamente raccolte e cucinate producendo pietanze di ottimo sapore ed alto valore nutritivo, anche durante un semplice trekking di 3 giorni non obbligandoci a portarci tutto sulle spalle.
Esistono anche ulteriori possibilità di validi nutrimenti, che per cultura ed abitudine rifiutiamo, ma che potrebbero rivelarsi fondamentali in caso di bisogno; sto parlando di alcune cortecce, alcuni muschi, alghe, licheni e larve ed insetti, ad esempio. E che, lo scopriremo più avanti, se cucinate correttamente, possono essere costituire pietanze sorprendentemente buone e nutrienti, una volta vinta l’atavica repulsione. Ma la fame, si sa, è un ottimo propulsore. Nei prossimi articoli approfondiremo tutti temi sopra accennati, e mi sottoporrò personalmente ad esperimenti culinari per dimostrarvi quanto dentro di noi viva un perfetto “survivalista” che nemmeno i nostri cari conoscono! Stay Tuned!
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